
Il mio nome è Amadio Marco, Marco per gli amici, figlio di Giuseppe, figlio di Amadio, figlio di Vincenzo, figlio di Matthias, figlio di Vincentius, figlio di Joseph, figlio di Sigismondo Pilati.
Com'è evidente, nella mia famiglia i nomi si riciclano ad ogni generazione; è questo il primo espediente per mantenere vivo il ricordo di persone per noi speciali. Peccato non poter conoscere a fondo la storia di ciascuna di esse.
Sono nato il primo giorno dell'estate 1960, in Emilia Romagna, nel cuore della pianura padana ove i miei ascendenti si erano trasferiti da nord, in un'epoca di poco precedente a quella del nostro imperatore Franz Joseph.
La foto qui a fianco mi ritrae quando, a quattro anni, ancora me la spassavo prima di accingermi a frequentare le classi elementari.


Il decimo compleanno, festeggiato nella grande casa natale.
Siamo nel 1970, all'epoca delle fiabe.
Il bambino a sinistra è mio fratello Andrea, classe 1967: profondamente uniti e circondati dall'affetto di genitori, nonni e numerosi amici della nostra età, abbiamo trascorso l'infanzia in un giardino incantato, attorniati dalle fate di cui avvertivamo ovunque la presenza.
Si dice che le loro casette siano disseminate attorno ai luoghi in cui i bambini amano giocare. Ma a nulla giova cercarle, poiché sono l'esatto contrario delle nostre.
Potete facilmente vedere le nostre case, di giorno. Ma non quand'è notte. Non è così?
Al contrario, vedreste le case delle fate quando fa buio ma non di giorno, giacché queste sono dipinte col colore della notte.

L'epoca del Liceo-Ginnasio, dal 1974 al '79.
Trascorrere cinque anni con i compagni di studi significa, in questa fase della vita, condividerne il transito dall'adolescenza alla maturità.
Nonostante siano in pochi coloro che, terminato il liceo, si sono trasferiti altrove, è assai raro che ci si incontri per le strade del paese, e ancor più rari sono ormai gli incontri programmati.
Quella stessa vita che ci aveva incoraggiati a condividere gli anni della formazione ci ha poi ingurgitati, una volta pronti, senza alcun riguardo.

L'Università, Corso di Laurea in Fisica, a Bologna.
Qui, nei primi degli anni '80, ho vissuto il periodo più stimolante della mia carriera.
Meravigliose le materie di studio, molteplici i volti, magari un po' stralunati, qui conosciuti e mai più rivisti.
Dei compagni dell'epoca non serbo - ahimè - alcuna testimonianza fotografica. Di alcuni, sicuramente i più bravi, apprendo la fortuna leggendone gli articoli sulle riviste internazionali specializzate in fisica.
Degli altri non so più nulla, ma spero di riacchiapparli grazie a questo sito.


Ed eccomi alla Scuola di Artiglieria, di Bracciano, Roma.
Correva l'anno 1986 e, mentre il mio mondo progrediva, mi ritrovavo a studiare materie belliche per le quali non ero al massimo della propensione.
L'unico sollievo era nei calcoli dai quali l'Arma Tecnica non può prescindere.
Laggiù era però vietato l'uso dei primi calcolatori tascabili. Per moltiplicare due numeri, ad esempio, bisognava sommarne i logaritmi per poi ricavare, coll'ausilio di voluminose tavole, l'antilogaritmo della somma.
Che c'è di strano? La cometa di Halley, sezionata da telescopi orbitanti, solcava il cielo di Bracciano. La Montalcini stava per essere insignita del Nobel... ed io scavavo buche che dovevo subito ricoprire, e mi dilettavo con sistemi di calcolo propri dell'era di Newton.
In casi come questo, converrete che l'ironia aiuta a sopravvivere.
Nonostante ciò e col senno di poi, devo ammettere che una buona palestra del paradossale allena agli assurdi che la vita ci propone ogni giorno.
Nel marzo del 1987 avrei dunque preso i gradi di Sottotenente, piazzandomi tra i primi dieci del corso, mertito anche della mia abilità coi logaritmi.
In ogni caso, logaritmi o no, sentivo che sarei stato un buon Ufficiale.

Ed eccolo qui, il... buon Ufficiale.
Svolsi il mandato presso la caserma più grande d'Italia dopo la Cecchignola.
Casarsa della Delizia, questo era il luogo. E lo fu di nome e di fatto. Chi sostiene che la gente friulana sia fredda e inospitale, ha evidentemente problemi nel relazionarsi al prossimo.
Laggiù, nella Caserma Trieste, eravamo più di cinquemila ragazzi accomunati dallo stesso obiettivo: far trascorrere un anno il più velocemente possibile. Come ufficiale, a me spettava invece il compito di rallentare, di rendere costruttivo il periodo, specialmente per il mio plotone di 14 soldati. Non è stato facile.
Dunque, eravamo in cinquemila, in tutto. In cinquemila ci siamo incontrati e forse, per un attimo, abbiamo pure interagito. Uno sguardo, un sorriso, un cenno di saluto... impossibile ricordarsi di situazioni ognuna delle quali tanto straordinaria quanto banale, tanto originale quanto ordinaria nella sua paradossale ripetitività.
Così come dicono sia impossibile scordarsi dei pochi, veri amici di naja, una volta fatto ritorno a casa.
Invece, assieme al matrimonio, è questo uno dei risvolti più illogici delle vicissitudini umane: oggi ti addolori, piangi e spergiuri in eterno; domani, scorderai e avrai altro di cui occuparti.


Solamente il buon vino migliora, invecchiando. Nessun'altra eccezione.
Nel terzo millennio e a 45 anni compiuti, non posso che rimpiangere il musetto che fece da cornice al fanciullo di cui sopra.

Per scelta non priva di controindicazioni, decisi di restar celibe. Nel frattempo, gli amici del passato lasciavano il posto a nuove conoscenze, poiché è umano che gli interessi si differenzino in base all'età e allo stato civile.
Ora sono responsabile delle omologazioni e dei progetti di ricerca presso un'importante azienda dell'area in cui sono nato, e dove tuttora vivo.
Inoltre, sono professore a contratto presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Ferrara.
Il costante contatto con giovani così preparati mi impone manutenzioni straordinarie della mente e dello spirito che, pertanto, si mantengono efficientissimi.


Ah, la magia del teatro!
Divertirsi a recitare ciò che più si vorrebbe essere, e il pubblico lì a divertirsi con te: una simbiosi perfetta!
Ridi, piangi, gioisci e disperati, tanto è per finta.

Sei sano, sei malato, sei un condannato a morte. Sei un esule, sei un re.
Vesti la giubba, e la faccia infarina:
spente le luci, tornerai quello di sempre.
E domani, si vedrà.








Infine, ho l'hobby di scrivere romanzi, un paio dei quali già pubblicati, con grande successo, sotto pseudonimo.
La scelta dell'anomimato è dettata da pudore e riservatezza, non desiderando io che alcuno dei miei lettori possa associare la mia persona ai miei scritti.
Una sorta di ossessione mi procura disagio al solo pensiero di discorrere di me e dei miei sentimenti.
Già, perché dentro quei libri ci siamo io e la mia sensibilità. E siamo entrambi molto schivi.

Non solo sentimento e sensibilità: nei miei racconti ci stanno pure avventure esistenziali.
Il vento di pianura porta strane storie, se lo si sa ascoltare. E io, in tutti questi anni, ho udito e trascritto molte di queste trame. Storie interessanti e noiose, alcune tristi, altre allegre, credibili le une e assurde le altre, corte e lunghe, storie d’amore e di amicizia, di vita e di morte.
Vere o false, non ha molta importanza. Si dice che le mie storie parlino soprattutto dell’impossibilità di non avere amici e delle grandi difficoltà nel tenerseli accanto.
Storie in cui essi risultano essere ingordi di te e vogliono risucchiarti per farti uguale a loro, anche se tu non lo sei affatto.
Storie in cui li sfuggi pur volendoli sempre accanto. Storie che dicono che ognuno di noi ha una chiave arcana con cui entrare o uscire dalla vita degli altri e con cui accogliere il prossimo dentro di sé, all'occorrenza.
Sono davvero lieto che i miei racconti trovino consenso presso il pubblico. I critici dicono che la mia scrittura, negli anni, è maturata, è più sostenuta, corposa, sapida, e che scorre come il vento sulla seta.
Il mio sogno attuale? Scrivere il sequel del romanzo di Peter Pan, di cui in questi anni scadono i diritti d'autore sul personaggio. E chissà che non lo stia già realizzando...
Proprio così: a 45 anni, mi ostino a credere ancora nelle fate della mia infanzia.
Continuo a non vederle, ma le avverto zampettare tutt'intorno.
Sono bellissime.


Non chiunque può diventare un grande artista. Ma un grande artista può celarsi in chiunque.
Tanto che al miglior cuoco di Francia toccò in sorte di nascere sotto le misere sembianze di un ratto di fogna.
Ma sarà straordinariamente beffarda, fetente e ineffabile, questa nostra... meravigliosa natura?

